Politico, giornalista e
storico francese. Avvocato ad Aix, nel 1821 si trasferì a Parigi, dove in
breve tempo strinse rapporti di amicizia con La Fayette e Talleyrand.
Giornalista versatile, collaborò al "Constitutionnel",
trattando con dimestichezza questioni letterarie, artistiche e politiche; tra il
1823 e il 1827 pubblicò in 10 volumi la sua
Storia della
Rivoluzione, acquisendo notorietà come storico. In quegli anni,
dominati dall'orientamento politico reazionario imposto dalla Restaurazione,
quest'opera fu considerata audace, soprattutto per il suo tono celebrativo. Nel
1830 fondò, con F. Mignet e A. Carrell, il giornale "Le
National", sul quale condusse una vivace polemica contro Carlo X,
propugnando una Monarchia di tipo parlamentare sul modello inglese. In seguito
alle ordinanze di Saint-Cloud, nel luglio dello stesso anno stilò la
protesta dei giornalisti e fece affiggere il manifesto che poneva la candidatura
di Luigi Filippo d'Orléans. Ottenute le cariche di consigliere di Stato,
deputato e sottosegretario alle Finanze (novembre 1830), si schierò
inaspettatamente dalla parte dei conservatori, ponendosi alla guida del
centro-sinistra; nominato ministro degli Interni nel 1832, restò al
Governo fino al 1836, detenendo anche altri portafogli. Sventato il tentativo
legittimista della duchessa di Berry (1832), represse severamente i moti
repubblicani del 1834, contribuendo, dopo l'attentato contro Luigi Filippo
(1835), a far emanare le cosiddette "leggi di settembre", che
riducevano drasticamente la libertà di stampa. Il conservatorismo di
T., contrario a qualsiasi forma di assolutismo e riassunto nella formula
"il re regna ma non governa", entrò tuttavia in contrasto con
quello di F.-P.-G. Guizot, capo del Partito della resistenza. Capo del Governo e
ministro degli Esteri nel 1836, presentò le dimissioni in seguito a
dissensi avuti con il sovrano riguardo alla politica estera. Nuovamente
presidente del Consiglio e ministro degli Esteri nel 1840,
T. sostenne le
pretese egiziane sulla Siria contro la Turchia, entrando in contrasto con gli
Inglesi e con lo stesso re, che si rifiutò di dichiarare guerra a questi
ultimi. Costretto nuovamente a dare le dimissioni (ottobre 1840),
T.
iniziò a lavorare alla monumentale
Storia del Consolato e
dell'Impero, i cui 20 volumi uscirono tra il 1845 e il 1862. Richiamato nel
febbraio 1848, cercò invano di convincere Luigi Filippo della
necessità di evacuare Parigi per attaccarla e reprimervi la rivoluzione.
Deputato alla Costituente dopo la rivoluzione, fece parte del comitato
organizzativo del Partito dell'ordine, sostenendo l'elezione alla presidenza
della Repubblica di Luigi Napoleone, che si illudeva di poter guidare a suo
piacimento (dicembre 1848). Ebbe un ruolo di primo piano nella discussione delle
leggi del 1850 sull'insegnamento e sul suffragio universale. Imprigionato e
proscritto nel dicembre 1851 per essere passato all'opposizione dopo il colpo di
Stato di Luigi Napoleone, viaggiò in Belgio, in Inghilterra, in Italia e
in Svizzera; nel 1852 gli fu accordato il permesso di tornare in patria. Tornato
alla vita politica come deputato orleanista (1863), votò contro i crediti
per la mobilitazione e criticò severamente la politica estera di
Napoleone III, sostenendo la necessità di una linea di condotta ferma ed
energica contro la Prussia e l'unificazione tedesca. Tuttavia nel 1870 si
pronunciò invano contro la guerra, ritenendo la Francia militarmente
impreparata. Scoppiato il conflitto con la Prussia e crollato il Secondo Impero,
accettò, su richiesta di J. Favre, di recarsi in missione diplomatica
nelle capitali europee allo scopo di raggiungere una mediazione, senza tuttavia
ottenere alcun risultato. Nel febbraio 1871 fu nominato capo dell'Esecutivo
della Repubblica francese, dando vita a un Governo di larga unione nazionale.
Dopo la sconfitta francese, negoziò con Bismarck i preliminari di pace e,
adducendo come pretesto la necessità di occuparsi della rinascita del
Paese piuttosto che delle questioni istituzionali, riuscì a far rinviare
la scelta definitiva del nuovo regime. Costituitasi la Comune, evacuò
Parigi e represse l'insurrezione. Presidente della Repubblica dall'agosto 1871,
emise i prestiti che consentirono di liberare anticipatamente il territorio
nazionale dall'occupazione tedesca (settembre 1873). Entrato in conflitto con
l'Assemblea sulla questione delle imposte, presentò le dimissioni nel
gennaio 1872, per poi ritirarle subito dopo su richiesta dei deputati, che si
videro costretti ad approvare non solo le imposte indirette, ma anche
l'introduzione del servizio militare di cinque anni (luglio 1872). Persuaso del
tramonto definitivo della Monarchia, notificò la propria adesione a una
Repubblica conservatrice, inimicandosi la maggioranza parlamentare,
conservatrice ma monarchica, coalizzata attorno al duca di Broglie; nel marzo
1873 gli fu intimato dall'Assemblea di non presentarsi più dinanzi a essa
senza autorizzazione, e di non presenziare più alle sue sedute e nel
maggio rassegnò le dimissioni. Fu nominato deputato nel 1876. Nelle sue
opere storiografiche privilegiò la narrazione minuziosa degli eventi
politico-militari e finanziari, propugnando la necessità di uno Stato
forte e razionalmente amministrato.
T. va infine ricordato per le sue
doti oratorie, che ne fecero uno dei più brillanti tribuni parlamentari
del XIX sec. (Marsiglia 1797 - Saint-Germain-en-Laye, Parigi 1877).